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260 LA FERONIADE

     Delle rupi setine, onde la faccia
     Scopriasi tutta del sommerso piano.
     370 Guarda (disse Giunon), riguarda, o figlio,
     Di mia vendetta le primizie. E in questo
     Gli mostrava l’orribile palude
     Da freschi venti combattuta e crespa,
     Mentre i raggi del Sol vòlti all’occaso
     375Scorrean vermigli su l’incerto flutto;
     Del Sole1, che parea dall’empia vista
     Fuggir pietoso e dietro ai colli Albani
     Pallida e mesta raccogliea la luce.
Già moría su le cose ogni colore,
     380E terra e ciel tacea, fuor che del mare
     L’incessante muggito; allor che pronto
     Il fatal vase scoperchiò Vulcano,
     E all’aura scintillar la rubiconda
     Bragia ne fece. Ne sentiro il puzzo
     385I sotterranei zolfi e le piriti
     E gli asfalti oleosi; e, dal segreto
     Amor sospinti, che tra loro i corpi
     Lega e l’un l’altro a desiar costrigne,
     Ne concepîr meraviglioso affetto,
     390E di salso umidor pasciuti e pingui
     Si fermentaro, ed esalâr di sopra
     Improvvisa mefite2. E pria le nari
     Ne fur de’ bruti e de’ volanti offese,
     Che tosto piene le contrade e i campi
     395Fêr di lunghi stridori e di lamenti.
     N’ulularono i boschi e le caverne,
     E tutti intorno paurosi i fonti
     N’ebber senso d’orror. Corrotte allora
     La prima volta la caronie linfe3
     400Mandâr l’alito rio, che tetro ancora
     Spira e infamato avvicinar non lascia
     Né greggia né pastor. L’almo ruscello
     Di Feronia turbossi, e amare e sozze
     Dalla pietra natía spinse le polle
     405Sí dolci in prima e cristalline. E Alcone
     Pastor canuto, che v’avea sul margo
     Il suo rustico tetto, a sé chiamando
     Su l’uscio i figli, e il mar, le selve, il cielo

    Par. xxiii, 40.

  1. Del sole, ecc. cfr. i v. 154 segg., p. 175.
  2. mefite: puzzo, prodotto dalle esalazioni sulfuree.
  3. le caronie linfe; Non lungi da Terracina era la fonte Caronia (cfr. Plinio II, 93), che avvelenava col puzzo uomini ed animali.