Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
IL CONGRESSO CISALPINO IN LIONE | 181 |
Bonaparte (66-78). O spirito divino, concesso dal cielo, fortunato così, che ove tu sei, sta sempre vittoria, abbi pietà di questa che per te rinacque e da te aspetta giustizia: senza di te è appena viva (79-91). Tu dàlle auguste leggi, ché, piú che debellare gli alteri, è glorioso soggiogare le anime e il comporre in pace le genti (92-104). Così Giove, dopo vinti i Titani, fe’ ritornare tranquilli i cieli turbati e paurosi e s’assise trionfante fra gli dei (105-117). — Il 15 dicembre 1S01 si trovarono riuniti in Lione, pel congresso che doveva dare nuova costituzione alla Repubblica Cisalpina, quattrocento cinquantadue Italiani, eletti rappresentanti delle sei nazioni cisalpine: lo stato di Milano, le Legazioni (fino a Pesaro), le ex-provincie venete (Bergamo, Brescia, Cremona, Mantova), il ducato di Modena, il Novarese e la Valtellina. Ma Napoleone non vi si recò prima dell’11 gennaio dell’anno seguente. Dopo molte sedute, che si potrebbero chiamare di preparazione, si venne a quella del 26 gennaio, che fu l’ultima, in cui si lesse e s’approvò la nuova costituzione, si mutò il titolo di Repubblica Cisalpina in quello di Repubblica Italiana e se ne nominò presidente Napoleone, che, a sua volta, nominò vice-presidente, con plauso universale, Francesco Melzi d’Eril. Cfr. la nota al v. 220, p. 177. Ciascun deputato ebbe del congresso una medaglia commemorativa d’argento, che dall’un lato recava il ritratto del primo console, dall’altro la scritta «Auspice Bonaparte inter Gallos Gallorum nepotes Cisalpini antiquum foedus renovantes gentem suam legibus condiderunt: Lugduni anno X Reipub. Gall.» Per maggiori e piú particolari notizie cfr. De Cast. St., p. 127 e segg. — La presente canzone fu composta nella fine del 1801 e stampata la prima volta nel 1802 (anno IX) dall’editore Pirotta in Milano. — Il metro è la canzone petrarchesca: cfr. la nota d’introduzione a p. 121. Qui la strofa è composta di 13 versi: la fronte (suddivisa nei due piedi) è formata dei primi sei versi, cosí rimati: ABC, ABC: la sirima (non suddivisa nelle due rolte), degli altri sette, cosí rimati cDeeDFF. Manca il congedo come in due canzoni del Petrarca e in molte altre di antichi.
Duro, o prole di Giove1 eterne Muse,
Serva la patria aver. Piú duro assai
Niune aver leggi; e senza remo e vele
4Guidar la nave tra le sirti2; e chiuse
D’atri nembi le stelle, altro giammai
Non veder che baleni in mar crudele;
Orrende udir querele
8Per ogni parte; e libertà cercando,
Non trovar che catene;
E, bollenti le vene3,
Piegar la fronte alla ragion del brando,
12Alla cruda ragion che nelle selve
Han su le miti le piú forti belve.
Nata in mezzo alle stragi inclita figlia
Del valor che in Marengo4 all’Alemanno