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PER IL CONGRESSO D’UDINE 121

villaggio di Campoformio, posto tra Udine e la villa ove alloggiava il Bonaparte; il quale, per avere il Belgio e la Lombardia, cedé, com’è noto, all’Austria, oltre la Dalmazia, l’Istria e le Bocche di Cattaro, anche la Venezia, benché in una lettera del 19 settembre si fosse lasciata sfuggire la confessione «essere Venezia la città di tutta Italia maggiormente degna di libertà». Cfr. Franch., p. 277. — La presente canzone fu composta ne’ primi d’agosto del ’97 e subito pubblicata prima in Bologna per le stampe del Genio Democratico, poi in Milano da Carlo Cimatti. Il Giornale senza titolo, nel n. 4º (Agosto 1797) lodò senza riserve la canzone montiana, solo dolendosi che nelle varie edizioni di quella fosse stata tolta la seguente strofa, diretta, si capisce, contro il Gianni (Cfr. la nota al v. 190, c. I della Mascheroniana): «Talun me forse ai boschi di Libetra Cresciuto e all’onde dell’ascrèo lavacro Codardo estima, e nato alle ritorte. Ei non sa che compagno questa cetra Un pugnal serbo, ch’alla patria è sacro, In cui sta scritto: o libertade o morte. E con man salda e forte Ben tratterollo, se la patria oppressa Avrà tiranno nel suo sen venduto. La luce che mi scalda è quella stessa Che la fronte scaldò di Cassio e Bruto». Cfr. Vicchi, VIII, p. 214. — Il metro è la canzone petrarchesca, divisa a strofe, composte ciascuna d’un egual numero di versi (per lo piú endecasillabi e settenari, non di là dei venti), egualmente disposti e rimati, benché le rime debbano essere, com’è facile intendere, da strofa a strofa diverse. Ogni strofa poi sia divisibile in due periodi maggiori, che Dante (De Vulg. Eloq. II, 10) chiama fronte e sirima, congiunti insieme per mezzo d’una rima baciata, e suddivisibili ciascuno in due periodi minori, che Dante (op. cit. II, 11) chiama piedi e volte. La prima suddivisione è obbligatoria; la seconda, no. Chiude la serie delle strofe un congedo, che per lo piú corrisponde, nella disposizione dei versi e delle rime, all’ultima parte della strofa. Nella canzone presente, la fronte (suddivisa in due parti) è formata da’ primi sei versi, cosí rimati: ABC, ABC: la sirima (non suddivisa in due parti) è formata dagli altri cinque versi, cosí rimati: cDEDE. Il congedo (per eccezione, che ha esempi) è strofetta a sé, composta di sette versi, con questa disposizione di rime: AbBCcDD. Per maggiori notizie cfr., chi vuole, Ferr., p. 63 e Sulle forme metriche italiane notizia di T. Casini: Firenze, Sansoni, 1884, p. 1 e segg.


Agita in riva dell’Isonzo il fato1,
     Italia, le tue sorti; e taciturna
     Su te l’Europa il suo pensier raccoglie.2
     Stansi a fronte, ed il brando insanguinato
     5Ferocemente stendono sull’urna

N. B. Queste varianti sono state ricavate dall’Antologia repubblicana (Bologna, 1800), indicata con un A.; dall’Appendice alle Opere del cav. V. M. (Bologna, 1821-28), indic. con un B.; e dall’Appendice all’ediz. Le Monnier (Firenze, 1847), indicata con un L.

4. Stannosi a fronte, e il (A. L,).

  1. 1. Agita: scuote nella sua urna. Cfr. V. 5 e Orazio Od. III, i, 16 e Parini Od. X, 40. — Isonzo: fiume, che nasce dal monte Terglau nelle Alpi, circoscrive ad est la pianura del Friuli, in mezzo alla quale sorge Udine, e, dopo un corso di 130 ch., sbocca nel golfo di Trieste sopra Aquileia.
  2. 2. e taciturna ecc.: perché da Bonaparte dipen-