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460 giambi ed epodi


Del popol tutto. Oh, il dí piú non ritorna
Ch’ei tauro immane le strambe spezzò,
E mugghiò ne l’arena, e su le corna
40I regi i preti e gli stranier portò!

Mescete vino, amici. E sprizzò allora
Da i cavi di Marat occhi un balen
Di riso; ei sollevò da l’antro fuora
44La terribile fronte al dí seren.

Matura ei custodía nel sen profondo
L’onta di venti secoli e il terror:
Quanto di piú feroce e di piú immondo
48Patîr le plebi a lui stagnava in cor.

Le stragi sotto il sol disseminate,
I martír d’ogni sesso e d’ogni età,
I corpi infranti e l’alme vïolate
52E le stalle del conte d’Artoà,

Tutto ei sentía presente: il sanguinoso
Occhio rotava in quel vivente orror,
E chiedea con funèbre urlo angoscioso
56Mille vendette ed un vendicator.

De l’odio e del dolor l’esperimento
Il cor gli ottuse e il senso gli acuí:
Ei fiutò come un cane il tradimento,
60E come tigre ferita ruggí.