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giambi ed epodi 447


E tutto ciò che facile allor prometton gli anni
Io ’l diedi per un impeto lacrimoso d’affanni,
Per un amplesso aereo in faccia a l’avvenir.
O immane statua bronzea su dirupato monte,
Solo i grandi t’aggiungono, per declinar la fronte
42Fredda su ’l tuo fredd’omero e lassi ivi morir.

A piú frequente palpito di umani odii e d’amori
Meglio il petto m’accesero ne’ lor severi ardori
Ultime dee superstiti giustizia e libertà;
E uscir credeami italico vate a la nuova etade,
Le cui strofe al ciel vibrano come rugghianti spade,
48E il canto, ala d’incendio, divora i boschi e va.

Ahi, lieve i duri muscoli sfiora la rima alata!
Co ’l tuon de l’arma ferrea nel destro pugno arcata,
Gentil leopardo, lanciasi Camillo Demulèn,
E cade la Bastiglia. Solo Danton dislaccia,
Per rivelarti a’ popoli, con le taurine braccia,
54O repubblica vergine, l’amazonio tuo sen.

A noi le pugne inutili. Tu cadevi, o Mameli,
Con la pupilla cerula fisa a gli aperti cieli,
Tra un inno e una battaglia cadevi; e come un fior
Ti rideva da l’anima la fede, allor che il bello
E biondo capo languido chinavi, e te, fratello,
60Copria l’ombra siderea di Roma e i tre color;