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XXIII.

CARNEVALE


voce dai palazzi.


E tu, se d’echeggianti
Valli, o borea, dal grembo, o errando in selva
Di pin canora, o stretto in chiostri orrendi,
4Voce d’umani pianti
E sibilo di tibie e de la belva
Ferita il rugghio in mille suoni rendi,
Borea, mi piaci. E te, solingo verno,
8Là su quell’alpe volentieri io scerno.

Una caligin bianca
Empie l’aër dormente, e si confonde
Co ’l pian nevato a l’orizzonte estremo.
12Tenue rosseggia e stanca
Del sol la ruota, e tra i vapor s’asconde,
Com’occhio uman di sue palpèbre scemo.
E non augel, non aura in tra le piante,
16Non canto di fanciulla o vïandante;