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308 levia gravia


Ahi, la non degna sposa
Ch’odia di madre il nome
Stolta e crudele! Come
Talento reo la sprona,
174A danze si abbandona — furïosa

E in tanto, o empia!, langue
Su mercenario petto
Il caro pargoletto,
E d’altrui baci impara
179Disconoscenza amara — del suo sangue.

Ma, quando di restia
Vecchiezza il corpo offeso
Sente de gli anni il peso,
A lei non per soave
184Cura figlial men grave — è l’età ria.

Muore; e non di sua prole
Il pianto e il bacio estremo
Non il vale supremo
La misera conforta:
189Questo natura porta — ed il ciel vuole.

Ma tu piú saggia il fiore
D’ogni piacer ritrova
In questa cura nova.
Cosí nel bel disio
194Ti benedica Iddio — t’arrida amore.