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la civetta 149



     Tacquero allora i giovanetti a lungo
pensando all’uomo che così, per mare,
tornava in patria. E Gryllo disse: «È l’uomo
che andava scalzo e passeggiava in aria,
e diceva che il sole era una pietra,
e sapeva che terra era la luna...»
Ed in silenzio trassero alla roccia
tutti, e stettero presso la prigione,
come aspettando. E la civetta, al lento
filo costretta, si posò sul ramo
d’un oleastro che sporgea dal masso
sopra i ricciuti capi dei fanciulli.
Si chinò, s’arruffò, molleggiò, cieca
per la gran luce rosea del tramonto.
E dai tegoli un passero la vide
e garrì contro la non mai veduta,
e vennero altri passeri al garrito;
e il frastuono eccitò le rondinelle,
e fuori ognuna si versò dal nido;
e da un tacito ombroso bosco sacro
venne la capinera e l’usignuolo.
E grande era lo strepito e il bisbiglio,
pur non udito dai fanciulli, attenti
ad una voce che venìa di dentro,
di chi tornava alla sua patria terra
invisibile, e placido parlava
a un’altra barca che incrociò sul mare.

E poi cessato il favellìo di dentro,
un dei fanciulli disse: «Hyllo, tu monta
su le mie spalle, e narra quel che vedi.»
Hyllo montò sul dorso a quel fanciullo,
e sogguardò per l’abbaino: «Io vedo.»