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PREFAZIONE xciii

ture agresti de Le Opere e i giorni. Ma, Dio mio, Dante sa descrivere la bolgia dei serpenti e la divina foresta spessa e viva. E poi, richiamiamoci ad una osservazione già fatta. La titanomachia è solo in apparenza, solo, direi, nel titolo, una lotta fra i Numi e Giganti. In essenza, è una pittura di tempesta. E tanto qui come nei bozzetti e nelle scene de Le Opere e i giorni, Esiodo si afferma paesista. Non è davvero inverosimile che un gran paesista sappia dipingere con la medesima efficacia un’alba di primavera o una tormenta su l’alpe. E del resto, il ponte di passaggio fra i bozzetti e i tenui quadretti delle Opere e i grandi affreschi della titanomachia è offerto dalla pittura dell’inverno, che non la cede a questi né per larghezza, né per intensità.

Certo, poi, bisogna riconoscere che nella Teogonia, e massime nelle parti meno ispirate, manca la compattezza di stile che tanto ci affascina ne Le Opere e i giorni. Ma questo minor magistero riesce spiegato a sufficienza se si suppone che la Teogonia sia opera anteriore e giovanile. Nella quale poi, a parte lo stile, il poeta andrebbe ancora un po’ piú, insieme con gli altri epigoni, su le orme d’Omero, mostrando solo qua e là tracce della personalità che egli, al contrario degli altri possedeva, e della sua maniera, minore e maggiore, che avrebbe fra poco affermata nell’opera a cui deve l’immortalità1.

  1. L’ultimo recentissimo lavoro del Wilamowitz (Hesiodos Erga, Berlino, 1928) non m’induce a mutare una sola parola di quanto ho scritto. Ed è inutile perder tempo in minute e odiose polemiche. La troppo grande differenza di mentalità implica diversità di postulati; e senza accordo sui postulati inutile riesce qualsiasi discussione. E discutere tanti postulati, sarebbe opera troppo lunga, e forse da Sisifi. Davvero, non ne vale la pena.