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lxvi ESIODO

Ed osserviamo, ancora. La Teogonia non canta miti solamente di Numi, bensí anche d’eroi. E sul suolo della Beozia, si innestava una quantità enorme di miti, umani e divini.

Si comincia dalla lotta di Cadmo col drago, dagli Sparti magicamente germogliati dai denti seminati del mostro debellato. Poi, le singole storie, una piú meravigliosa dell’altra, delle figlie di Penteo. Fra queste, la leggenda di Diòniso, la lotta del Nume con Penteo, la folgorazione e la distruzione della reggia tebana.

E con Diòniso si diffondono per la Beozia i suoi riti meravigliosi. I vertici del Citerone rifulgono a notte di mille e mille auree fiaccole, e sotto l’ombre delle foreste centenarie si svolgono le magiche fantasmagorie dei Baccanali, che, redimiti dal duplice alone della poesia e della musica, hanno tanta virtú da mutare il clima spirituale di tutto il popolo greco.

Ed ecco Anfione, che col suono della sua lira fa miracolosamente sorgere le mura di Tebe.

E a Tebe nasce Ercole, l’eroe sommo di tutta la gente greca.

E quando il fato d’Èrcole declina, ecco sul cielo temporalesco del suo tramonto profilarsi negre le ombre dei Labdàcidi, visione apocalittica, che basta ad alimentare di sé tanta parte del dramma greco, e che tuttora, dopo il transito di millenni, riesce a dominar la fantasia di artisti moderni e modernissimi.

Ebbene, quale influsso ha esercitato questo tesoro incomparabile sulla fantasia del poeta della Teogonia? Poco o nessuno. Da una cosí ricca miniera egli non scava il metallo per alcuna statua. E non è inibizione professionale, e non è disdegno, per i miti connessi in qualche modo con l’umanità. Egli s’interessa pure ad altri miti umani. A quello delle cinque età del mondo, e a quello dei Giapètidi. E tanto s’interessa,