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PREFAZIONE xxxiii

una ne salta súbito agli occhi. Nella farragine di creature mitiche da sistemare, ce n’erano una moltitudine che per le loro caratteristiche si offrivano spontaneamente ad essere collocate sotto il concetto di Chaos: quasi direi che s’imponevano. E siccome poi Chaos era tutto una cosa con Tartaro, anche Tartaro reclamava uguali diritti. Difficile una distribuzione logica razionale. E il legislatore ha preferito condannare uno dei due candidati alla infecondità.

E lo stesso, su per giú, si può ripetere per Amore. A questo Dèmone competeva naturalmente, pel concetto che esso informava, la generazione di tutte le creature1. Ma uguali diritti accampava Terra. Bisognava anche qui decidersi. Ed Esiodo diede la preferenza a Terra.

Ma — vien fatto di opporre — Esiodo non poteva rimediare a tutto con un espediente genealogico? Bastava che subordinasse Tartaro a Chaos, ponendo il primo nella medesima schiera di Erebo e di Notte, che facesse nascere Amore da Terra (o, perché no?, viceversa); e gl’inconvenienti erano eliminati.

È proprio cosí. E se non l’ha fatto, ci dev’essere stata di certo una forza che glie l’ha impedito. Questa forza difficilmente potrà essere stata altra che la tradizione.

E non intendo una tradizione che stabilisse come fondamentali, simultaneamente, tutte e quattro le essenze; bensí una molteplicità di tradizioni, varie di origine e di carattere, ciascuna delle quali reclamasse per uno di quegli esseri la paternità di tutte le cose create: una per il Chaos, l’immenso vuoto, l’altra per il Tartaro, il buio eterno, una terza per la Terra (Eschilo, Coefore, 127)

  1. Plutarco, Erotico, XIII, dice: «Mi pare che Esiodo si accordi di piú con la natura (φυσικώτερον ποιεῖν) facendo Amore piú antico d’ogni creatura, sí che tutte le cose per suo effetto partecipino alla generazione».