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    Ma già l’aurora il dì temuto arrecca.
Già d’Abnero nel cuor, già di Manasse,
Che dell’amata giovinetta e bella
Alle nozze aspiravano rivali
290Tarda a fuggirsi ognor speranza cieca
Di salvarla da morte al più crudele
E disperato affanno il loco cede,
E da Masfa lontan portan lor duolo.
Or ecco il sempre lamentevol giorno.
295Odi di trombe flebile clangore?
Un bisbiglio indistinto, ed interrotte
Strida del popol folto ahi! la funebre
Nuncian pompa tremenda. Ecco il buon veglio
Sacerdote Abiezer, che di paterno
300Pianto il mento cosperge, e al fianco i sacri
Leviti, e pure verginelle a stuolo,
Che sciolte all’aura i capei bruni, e molli
Le rosseggianti tumide pupille
Di soffocate lagrime corona
305Fanno dolenti alla gran donna intorno.
Dimessa il guardo, e di volubil bende
Velata il crin dolce scomposto il monte
Di Galaàd imperturbata ascende
Seila, e mostra sfidar morte al cimento.
310Ivi il padre l’aspetta, ivi la nuova
Pietra locata, e al sagrifizio eletta.
Pendegli a lato la feral bipenne,
E tra l’interne sue dubbie contese