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     Rapidamente il suo cammin divora
E traversa da pria con piè non lento
La Beozia marittima e canora,
Che il Permesso aspergea col puro argento.
Lascia a sinistra poi l’Eubea sonora
Per gli urti dell’Euripo turbolento
E Tebe, or rea per la fraterna gara,
Poi vede lungi Atene, indi Megara.

     E passa l’Istmo, ove Scirone estinto
Sul Saronico Mar scoglio si feo,
È l’amica al piacer vasta Corinto,
E secondo di colpe il suolo Achèo,
Ed Argo, u’ d’ombra tetra il sole tinto
Fu pe’ delitti dell’infame Atreo,
Finchè la bella Arcadia a destra vede
E pon dipoi nella Laconia il piede.

     Mentre il cammin prosegue, alte e lontane
Scorge le cime della grotta cieca.
Ei le feroci allor piagge Spartane
Sollecito trapassa e là si reca.
Presso è al termin del corso e già rimane
Tutta dietro di lui la Terra Greca,
Ed entra già nell’orrido deserto
Ove l’adito reo mostrasi aperto.