Pagina:Poemetti italiani, vol. VII.djvu/63


59

Con bella man su i cembali sonori
Dicean di Giove adunator di nembi,
E di Nettuno imperator dell’onde
155Per belle donne i già sofferti amori;
Come un togliesse alle Fenicie sponde
La cara Europa, e come l’altro in petto
Per Anfitrite raccogliesse ardori:
Ma di te, gran Signor, nulla memoria
160Parnaso feo, come di Re, che sempre
Stassi sepolto in tenebrosi orrori,
E che della beltà sprezza la gloria;
Ed è per verità gran meraviglia,
Signor si grande non trovar diletto
165Dentro un bel viso, e nel felice lume
Di duo begli occhi non fissar le ciglia
In che le volgi tu? forse di Aletto
T’invogliano le serpi? e di Megera
Gli angui annodati tra sulfurei crini?
170E di Tesifone atra il fiero aspetto?
Oh se tu miri mai vergine altiera
Per bellezza mirabile; se mai
D’una fronte gentil miri il sereno
Di viver sol qual pentimento avrai?
175E se fosse atto vile, e fosse indegno
Beltate amar, non amerebbe Giove,
Ne men Nettuno: hacci maggior possanza?
Questi nel mare, e quei nel ciel ha regno;