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     Più d’una fu, ch’a seguitarlo intesa,
Di ritrovarlo poi, lassa temea;
L’alma da lunge in alta fiamma accesa,
140Ghiaccio e timor da presso la premea;
Così sempre sentia novella offesa
Ovunque il piede, ovunque il core avea,
Affermando in amor con certa prova
Come l’amaro ancide, e ’l ben non giova.

     145Più d’una fu ne la gran turba a cui
Somma disperazion diede speranza;
E di parlar pietosamente a lui,
Onde a morte correa, prese baldanza,
Nel cor parlando: poi che d’altri fui,
150Altro che sospirar nulla m’avanza,
Ma se tutto ’l mio mal comprendo bene,
Non da lui no, ma da me stessa viene.

     Che colpa sua, se a me medesma manco,
Nè mi so procacciar la mia salute?
155Forse non vede il mio piagato fianco?
Forse non sa le lunghe doglie avute?
Io pur piangendo di narrar mi stanco
A le piagge, a le valli, a l’aure mute
Le mie fatiche e ’l mio dolor discopro,
160Ed a chi può sanar lo taccio, e copro.