Pagina:Poemetti italiani, vol. I.djvu/99


     12Quest’è, madre gentil, l’alma vittoria,
Quinci è ’l mio travagliar, quinci è ’l sudore.
Così va sopr’al ciel la nostra gloria,
Il nostro pregio, il nostro antico onore;
Così mai cancellata la memoria
Di te non fia, nè del tuo figlio Amore.
Così canteran sempre e versi e cetre
Gli stral, le fiamme, gli archi e le faretre,

     13Fatta ella allor più gaia nel sembiante
Balenò intorno uno splendor vermiglio,
Da fare un sasso divenire amante,
Non pur te Marte: e tale ardea nel ciglio,
Qual suol la bella Aurora fiammeggiante:
Poi tutto al petto si ristringe il figlio,
E trattando con man sue chiome bionde,
Tutto il vagheggia, e lieta gli risponde.

     14Assai, bel figlio, il tuo desir m’aggrada,
Che nostra gloria ognor più l’ale spanda;
Chi erra, torni alla verace strada,
Obbligo è di servir chi ben comanda:
Pur convien che di nuovo in campo vada
Lauro, e si cinga di nova ghirlanda:
Che Virtù negli affanni più s’accende,
Come l’oro nel foco più risplende.