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labbra sensuali, faccie rubizze e franche; altri con vestiti di panno, un tempo di prima qualità, ora scrupolosamente puliti, ma ed anco ragnati; — uomini dall’incesso fermo e più dell’usato ardito, le cui fisonomie però spiccavano d’un terribil pallore, gli occhi atrocemente sconvolti e rossi, ed essi, nel farsi largo tutt’impresciati, arraffavano con le tremule dita ogni oggetto cui potessero arrivare. Quinci pasticceri, commessi, carbonai, spazzacamini; quindi suonatori d’organetto, educatori di scimmie e vendistorie, venditori frammisti a cantanti: colà artigiani cenciosi ed operaj d’ogni sorta rifiniti per eccesso di lavoro, — e tutti agitati da sollecitudine rumorosa e disordinata, che feriva gli orecchi col suo frastuono, causando allo sguardo una spiacevole sensazione.

Man mano che la notte si faceva più profonda, più profondo si faceva pure in me l’interesse di quelle scene; avvegnachè non solo si andasse alterando il carattere generale della folla (le più nobili fisonomie di essa scomparendo col graduale allontanarsi della parte più saggia della popolazione, e le più rudi e strane ponendosi in un quasi grottesco rilievo a misura che l’ora più alta avvolgeva di sua ombra le moltiformi specie di tante infamie) ma i raggi dei becchi del gaz, deboli dapprima al volgere del crepuscolo, brillassero ora dovunque sprazzando sopra le cose una luce fervida e scintillante. Tutto era nero, ma tutto rilucente, — a guisa di quell’ebano a cui venne paragonato lo stile di Tertulliano1.

  1. Oscurità però di stile in cui rilevasi forza e vivacità lustro e grandezza.

    B. E. M.