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sua rigidità, gli sparuti contorni, e tutta la schifosa caratteristica d’un corpo giaciutosi nella tomba da più giorni.

E dappoi ricaddi nelle mie fantasticaggini su Ligeia, e di nuovo (e qual fia meraviglia ch’io tremi di spavento scrivendo queste linee?), di nuovo, dico, un soffocato singhiozzo mi giunse all’orecchio dalla parte del letto di ebano. Ma, e a qual pro descrivere per filo e per segno gli orrori ineffabili di quella notte? Dovrei dunque narrare quante volte, ad intervalli, e sino a’ primi indizi dall’alba, si ripetè il ributtante dramma della risurrezione? dire, che ogni spaventosa ricaduta mutavasi in una morte più tetanica e più irremediabile; che ogni nuova agonia rassomigliava ad una lotta contro qualche misterioso, invisibile avversario, e che ogni lotta era seguita da non so quale strana alterazione nella fisonomia del corpo? — Finiamo l’osceno racconto.

Era omai passata la maggior parte della notte, quando la morta si scosse novellamente, ma questa volta con energia insolita, massima, come se desta da più spaventoso, più irreparabile letargo. Io aveva da molto smesso ogni sforzo, ogni moto, rimanendo come inchiodato al sofà, disperatamente assorto in un turbinio di emozioni violente, di cui forse la meno terribile, la meno divorante era un supremo spavento. Lo ripeto; il corpo si agitava ed omai con maggior vivezza di prima. E i colori della vita le salivano al viso con energia singolare, — e le membra rilassavansi, e, tranne le palpebre sempre pesantemente chiuse, e l’immutabile riflessione de’ cortinaggi e dei funebri tappeti che comunicava alla di lei figura il carat-