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confuso, di simile alle sensazioni puramente fisiche, deste dalle sole circostanze, — qualche cosa di analogo alla stessa sensibilità, — un sentimento che comprendeva ad una il tuo acceso amore e l’intensa tua doglia e in parte rispondente all’indole speciale e diversa di questi due effetti; non tale però da attecchire nel cuore, tocco di paralisi: il tutto più che a realtà assomigliavasi ad ombra. E il tutto prontamente si dileguò, passando da prima per una calma serena e profonda a convertirsi dappoi in un piacere puramente sensuale, come per lo innanzi.

E allora dal naufragio e dal caosse de’ miei sensi naturali destossi in me un senso nuovo, un sesto senso, assolutamente perfetto, nell’azione del quale io provava una delizia stranissima, un gaudio nondimeno sempre fisico, — in cui niuna parte prendeva affatto l’intelletto. Nell’essere animale ogni principio ed effetto di moto era assolutamente cessato. Non più tremito di fibra, non vibrazione di nervi, non palpito d’arteria alcuno. Ma e’ mi pareva ancora che nel mio cervello fosse nato quel non so che, quel qualche cosa, di cui lingua alcuna non può dare una pur confusa concezione od immagine ad intelletto puramente umano. Il quale stato non saprei che definire così: Vibrazione del pendolo mentale. Era la personificazione dell’idea umana astratta dal Tempo. Basta dire che l’assoluta eguaglianza di tale moto, o di altro che gli sia analogo, è la causa di regole determinate e fisse pe’ cicli dei mondi celesti. Ed è per sì fatto moto ch’io misurava le irregolarità del pendolo sito sullo spaldo del cammino e degli orologi stessi degli astanti; que’ tic-tac ripetuti riempivano di lor suoni le mie