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della vecchia Inghilterra, il quale era abbellito di spessi, giganteschi e nodosi alberi, — villaggio le cui case mostravano un aspetto di secolare antichità, di storica importanza.

Questa piccola e venerabile cittadetta era un vero nido di bei sogni, fatto per esilarare gli spiriti e destarli alla contemplazione. Pensando a quei suoi viottoli profondamente ombrosi, solitari, strani, anche adesso provo un sentimento arcano, consolatore; e tuttavia mi inebbriano gli effluvii graditi de’ mille suoi tigli, e mi balza il petto d’indefinibil contento ai rintocchi lenti e solenni della campana che, d’ora in ora, — quasi eco misteriosa di altra terra — rompeva la quiete della bruna ammosfera nella quale perdevasi e s’addormentava il gotico e merlato campanile.

E io provo tutto il piacere che m’è possibilmente dato ancor oggidì provare, divagando e trattenendomi sopra queste minuziose ricordanze della scuola e de’ suoi sogni. Inabissato, come sono, nella sventura (sventura, pur troppo ohimè reale e trista!) credo mi verrà perdonato se vado in cerca d’un sollievo qualunque, pur tenue e cortissimo, in questi fanciulleschi e vaghi particolari. D’altronde, sebben volgari e di per sè stessi ridicoli, ei pigliano nell’immaginazione mia un’importanza tutta circostanziale a causa di lor intimo nesso coi luoghi e l’epoca dove oggimai arrivo a discernere i primi ambigui avvisi del destino, che da quel tempo cotanto intensamente m’avvolse nella sua ombra. — Lasciate, oh! lasciate dunque che me ’n ricordi!

Vecchia, come dissi, ed irregolare era quella casa, — vasto il terreno, tutto cinto da alto e solido muro di mattoni, incoronato da strati di cal-