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essere commovevasi di pietà profonda; ma, colpito poco dopo dal lampo de’ suoi occhi pieni di pensiero e di vita, l’anima mia sentiasi venir meno, e pativa le vertigini a mo’ di chi abbia tenacemente fisso lo sguardo in lugubre e sterminato abisso.

Dovrò qui dire come, divorato da intenso e profondo disio, io non aspirassi che al momento della morte di Morella? E fu pur troppo così! Se non che lo spirito frale s’abbarbicò al suo abitacol d’argilla per giorni e giorni, per settimane e settimane e per assai fastidiosi mesi, tanto tenacemente che alla fin fine i torturati miei nervi la vinsero sulla ragione e a tali indugi diventai furioso, e con cuor satanico maledissi i giorni e le ore e i minuti amari che pareano sempre più allungarsi, incessantemente allungarsi, grado a grado che la nobil sua vita declinava, simile alle ombre nell’agonia del giorno.

Volgeva una sera d’autunno; l’aere posava immobile ne’ celesti spazj, e Morella mi chiese al suo capezzale. Uno strato vaporoso avvolgeva tutta quanta la terra e un calore opprimente gravava sulle acque e, allo scorgere gli splendori dell’ottobre sprazzarsi nel denso fogliame della foresta, sarebbesi detto che uno splendido arcobaleno ivi fosse disceso dall’immensa distesa del firmamento.

— Ecco il giorno dei giorni, disse al mio accostarlesi — il più bello dei giorni per vivere o per morire. Oh! vero bel giorno pe’ figli della terrà e della vita! ah, più bello ancora per le figlie del cielo e della morte!

Io baciai la sua fronte, ed ella continuò:

— Fra poco, io muoio, anzi io vado alla vita.

— Morella!