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creò, per forza della sua Volontà, può, senza dubbio, dividerla con uno sforzo della stessa Volontà infinitamente meno energico.

L’Unità, dunque, è tutto ciò che io affermo della Materia originariamente creata; ma io mi propongo di dimostrare che quest’Unità è un principio largamente sufficiente per spiegare la costituzione, l’esistenza fenomenica e, per lo meno, l’annientamento evidentemente inevitabile dell’Universo materiale.

La volontà di esistere nella particella primordiale ha completato l’atto o più esattamente la concezione della creazione. Procediamo ora verso lo scopo ultimo, per il quale noi supponiamo che sia stata creata la Particella - vale a dire, procediamo verso lo scopo ultimo finchè le nostre considerazioni ci permettano ancora di vedere la costituzione dell’Universo tratto da questa Particella.

Questa costituzione è stata effettuata trasformando l’originaria e perciò normale Unità nella condizione anormale della Pluralità. Un’azione di questo genere implica una reazione. Una diffusione dall’Unità condizionalmente, implica una tendenza a ritornare nell’Unità — una tendenza indistruttibile sino a che non sarà soddisfatta. Ma su questi punti, parlerò in seguito più ampiamente.

L’ipotesi dell’Unità assoluta nella Particella primordiale include l’ipotesi di una divisibilità infinita. Concepiamo, adunque, la Particella come non totalmente esausta dalla diffusione attraverso lo Spazio. Supponiamo che dall’unica Particella, presa come centro, si irradimo sfericamente — in tutte le direzioni — verso tutte le distanze incommensurabili, ma tuttavia definite, dello spazio vuoto fino a quel momento — si irradiino, dico, un numero di atomi inesprimibilmente grande, per quanto limitato; d’atomi indicibilmente per quanto non infinitamente minuti.

Ora, di questi atomi così diffusi, o allo stato di diffusione, quali condizioni possiamo noi non assumere, ma desumere, tanto dalla considerazione della loro sorgente, quanto dal carattere dello scopo apparente della loro diffusione? L’Unità essendo la loro sorgente e la differenza dall’Unità essendo il carattere del piano manifestato nella loro diffusione, noi siamo autorizzati a supporre che questo carattere si è, almeno generalmente, conservato in tutto il piano e forma una parte del piano medesimo — vale a dire, noi siamo autorizzati a concepire, sotto tutti gli aspetti, continue differenze dall’Unità e dalla semplicità dell’origine Ma per queste ragioni saremo noi autorizzati a imaginare gli atomi eterogenei, dissimili, ineguali ed inequidistanti? Più esplicitamente, non potremo noi trovare neppure due atomi della stessa forma, della stessa dimensione o della stessa natura all’atto della loro diffusione nello spazio? —