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Dunque, risponderanno esterrefatti gli economisti, la rivoluzione preveduta, desiderata è la strage, la spogliazione? Sì, tale sarà; ma le sue vittime saranno in numero assai minore di quelle che voi spegnete coi lunghi tormenti della miseria. E fossero più, noi ripeteremo le vostre frasi: non si giunge senza perdita sulla breccia — «non possiamo tener conto di coloro che il carro del progresso schiaccia nel suo cammino.» — Concludiamo: la rivoluzione è inevitabile, essa si avvicina con caratteri chiari e distinti, e procede indipendente dalle discussioni dei dotti. — Noi ci faremo ad esaminarne più minutamente le tendenze.

«La Provvidenza, esclama Alessio Battiloro in Palermo nel 1649, fa le campagne ubertose per tutti, nè noi dobbiamo morire di fame perchè alcuni ladri s’impinguano.»

È questa la formola della rivoluzione — che esiste latente da due secoli — dal momento che al popolo del medio evo successe il popolo moderno. Tutti i rivolgimenti che hanno avuto luogo da quell’epoca, che avranno luogo in avvenire, tutti, comechè in apparenza vestiti di altri caratteri, sono l’effetto del medesimo movente: i bisogni materiali del popolo. Questi varii rivolgimenti sono stati vinti e sviati, imperocché lo istinto appigliandosi alle apparenze ha trascurata la realtà; sollecito della riforma politica non ha curato la sociale: ma il movente principale sino ad ora occulto, sconosciuto, non compreso dalla moltitudine, già comincia ad emergere dal fondo della coscienza sociale. Chi oggi è così semplice da supporre che un popolo corra alle armi per surrogare qualche scaltro ad un re, per inalberare uno straccio dipinto in un modo piuttosto che in un altro, per ottenere con le stesse misure un pomposo nome? Chi negherà che il popolo armasi perchè spera in cuor suo, senza dirsi il come,