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hanno fatto abilità ai prodotti dell’industria di spandersi quasi uniformemente da per tutto, hanno reso le idee, le scoperte di comune ragione; hanno talmente intrecciato gl’interessi dei vari popoli che la guerra fra due stati europei viene considerata dalla numerosa turba dei commercianti ed industriali quasi come guerra civile.

Intanto le due diverse civiltà di Asia e d’Europa debbono in un avvenire non lontano compenetrarsi, unificarsi; questa è una legge che abbiamo visto confermata dalla storia. Ma come avverrà questo fatto? Sarà l’Europa che si rovescierà sull’Asia, o questa su quella? Nè l’uno, nè l’altro: l’Europa non abbandona, nè le converrebbe farlo, il suo commercio e la sua industria per correre alla conquista dell’Asia, nè questa ha tali moventi che la facciano sortire dalla indolenza per rovesciarsi sull’Europa; e se il facesse, il periglio comune unificherebbe le falangi di tutti gli eserciti europei, al cui urto gli asiatici verrebbero dispersi.

Se rivolgiamo lo sguardo all’America la vediamo posta fra i due continenti, fra le due civiltà, e parrebbe destinata a dar compimento a questa legge fatale, nella guisa stessa che l’Italia il fece fra l’Oriente e l’Occidente. Ma gli Americani sono dediti al commercio, all’industria e non già alla guerra; i loro prodotti trovano sempre mercati abbastanza vasti, e l’estensione e feracità del suolo di cui dispone, fanno sì ch’essa non ha bisogno di cercare ventura per accrescere la sua prosperità.

La Russia per la sua apparenza guerriera, e per la velleità dei suoi autocrati c’indurrebbe a credere che un giorno fosse destinata a compiere con la spada i decreti del fato; ma non vi è popolo meno del Russo adattato alla guerra, esso non è abbastanza civile per sentire gli stimoli della gloria militare: nè tanto bar-