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                              Alla ragione
Fu misura la forza, e parto iniquo
Della forza, le leggi, i plebisciti:
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Allor fur compri i fasci, e mercatante
Dei suoi favori il popolo divenne.
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Allor l’usura, lupa che fa d’oro
Ricolta ad ogni luna: allor la fede
Violata e la guerra utile ai nudi.


Tutti i maestrati della republica si ridussero nelle mani dei pochi ricchi, e con essi il governo, il tesoro, la guerra, le provincie, i trofei, le glorie; le guerriere prede fra capitani si dividevano, erano i soldati plebe misera e vendereccia, e se le proprietà dei padri o figli di qualche soldato confinavano a quelle di qualche potente, ne rimanevano spogliati. Così spalancossi fra i patrizii e la plebe — quelli diventati opulenta oligarchia, questa moltitudine di codardi e mendichi — la stessa voragine da cui furono inghiottiti i Magno-Greci. Ben presto in Roma, come era avvenuto fra quelli antichi popoli, l’oligarchia dei ricchi fu a sua volta oppressa dal militare dispotismo.

La storia d’Italia diventa ora la cronaca sanguinosa dei suoi tiranni, e Roma nella decadenza non cessò di essere grande. Gli eroici e puri costumi che descrive Tito-Livio e la corruzione ed i misfatti scolpiti da Tacito, rappresentano degnamente il sorgere ed il tramontare di un gran popolo. Lo stato di Sibari, di Cuma, di Cotrone, di Siracusa........ è riprodotto su vastissime dimensioni. Sino a Nerone la cronaca è italiana, poi