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— Certo, — risposi. — Ma perchè non vuole che chiami Cavalena? Le passerà più presto. Permette che apra un po’ gli scuri? —

Lo guardai alla luce: mi fece spavento. La faccia color mattone, dura, tetra, sudata; il bianco degli occhi, jeri insanguato, divenuto quasi nero, tra le borse orribilmente enfiate; i baffi scomposti, appiccicati su le labbra arse, tumide, aperte.

— Lei deve star male davvero.

— Sì, male... — disse. — La testa... —

E levò una mano dalle coperte per posarsela a pugno chiuso su la fronte.

Andai a chiamar Cavalena che parlava ancora con la figliuola in fondo al corridojo. La signorina Luisetta, vedendomi appressare, mi guardò con accigliata freddezza.

Certo ha supposto che il padre m’ha già fatto un primo sfogo. Ahimè, mi vedo condannato ingiustamente a scontare così la troppa confidenza che il padre m’accorda.

La signorina Luisetta m’è già nemica. Ma non solo per la troppa confidenza del padre, bensì anche per la presenza dell’altro ospite in casa. Il sentimento destato in lei da quest’altro ospite fin dal primo istante, esclude l’amicizia per me. L’ho subito avvertito. È vano ragionarci sopra. Sono quei moti segreti, istintivi, onde si determinano le disposizioni dell’animo e per cui da un momento all’altro, senza un perchè apparente, si àlterano i rapporti tra due persone. Certo, ora, la nimicizia sarà cresciuta per il tono di voce e la maniera con cui io — avendo avvertito questo — quasi senza volerlo, annunziai che Aldo Nuti stava a