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questioni preliminari 33

non capiresti, come me, se tu abbia più voglia di piangere o di sorridere.

— Adesso è vero, — gli risponde l’Humour moderno, — Perchè adesso penso solamente che voi vi siete fermato a mezza via. Al vostro tempo le gioje e le angustie della vita avevano due forme o almeno due parvenze più semplici e molto dissimili fra di loro, e niente più facile che sceverare le une dalle altre per poi rialzare le prime a danno delle seconde, o viceversa; ma dopo, cioè al tempo mio, è sopravvenuta la critica e felice notte; s’è brancolato molto tempo a non sapere nè che cosa fosse il meglio, nè che cosa fosse il peggio, finchè principiarono ad apparire, dopo essere stati così gran tempo quasi nascosti, i lati dolorosi della gioja e i lati risibili del dolore umano. Anche gli antichi solevano sostenere che il piacere non era altro che la cessazione del dolore e che il dolore stesso, ben esaminato, non era punto il male; ma le sostenevano sul serio queste belle cose: come dire che non ne erano niente penetrati; adesso invece è venuto pur troppo il tempo mio e si ripete, aimè, quasi ridendo, cioè con la più profonda persuasione, che i due suddetti elementi, attaccati da poco in qua alla gioja e al dolore, hanno assunto aspetti così incerti e così trascolorati che non si possono più, nonchè separare, nemmeno distinguere. Ne è venuto che i miei contemporanei non sanno ora più essere nè ben contenti, nè bene malcontenti mai, e che voi solo non bastate più nè a far fermentare il misurato sollazzo dei primi e nè a divergere le sofistiche tremerelle dei secondi. Ci voglio io, che mescolo tutto scientemente, per fare svanire da una parte quanto più posso ingannevoli miraggi e per limare dall’altra quante più trovo superflue asperità. Vivo di espedienti e di cuscinetti, io...

— Bella vita! — esclama il vecchio.