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proporle apertamente di finirla: non per lui; per lei che già ne soffriva tanto. Ma anche questo partito fu respinto da Gregorio Alvignani in previsione di qualche scena disgustosa. Meglio aspettare che a tal passo fosse venuta lei, da sè.

Sopraggiunse intanto una notizia inattesa, che sconvolse in diverso modo Marta e l’Alvignani. Anna Veronica annunziò in una lunga lettera che Rocco Pentàgora era gravemente ammalato, di tifo, e che già i medici disperavano di salvarlo.

Marta allibì nel leggere questa lettera che le giungeva come immediata, odiosa risposta ai voti disperati delle sue notti insonni, voti che la coscienza intimamente disapprovava, poichè ella ormai non si riconosceva più alcun diritto di sperare su la morte del marito. Eppure, quante volte, dibattendosi sul letto, non aveva pregato:

— Se morisse!

Moriva — ecco. Era per morire davvero.

In preda a una vivissima agitazione, ella si recò a comunicare la notizia all’Alvignani.

Questi restò perplesso a guardare Marta che lo spiava acutamente. Si guardarono un tratto, ed egli ebbe quasi l’impressione che il silenzio della stanza attendesse una sua parola, come se la morte fosse entrata e sfidasse il loro amore a parlare.