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bino, essendo leggierissima la differenza, ho creduto opportuno farne a meno.

Il Pipino inoltre segna con due puntini l’i che chiama sdrucciola, come nelle parole ciarlatan, bagian, Giaco, ecc. Cosa da cui è pure meglio assai il prescindere.

Egli mette l’j lunga per esprimere un suono più prolungato dell’i, che io credo potersi pure abolire, surrogandovi, ove occorra, molto più opportunamente due i. E questo è l’unico punto in cui dissento, dal Sant’Albino, che lo ha voluto conservare in qualche caso.

E lo stesso si dica per la ſ lunga cui debbonsi pure sostituire due ss quando il suono è aspro come bass per basso; nass per nasce, ecc.

Del resto io seguo interamente il suo metodo, non ammettendo il dittongo ou per indicare l’o muta, come fomna, onor, ecc., vizio in cui cadono molti imitatori del Francese, intantochè riesce più opportuno il distinguere l’o aperta, come tòr, toro; cròch, uncino, mettendovi sopra un accento grave.

Il Pipino ed il Sant’Albino, usano un accento circonflesso, ma per me preferisco uno grave come assai più facile a scriversi, mentre esprime appunto lo stesso suono.

Mi è parso inoltre convenevole il togliere la h in principio di alcuni tempi del verbo avere, seguendo l’esempio adottato molto opportunamente da parecchi eleganti scrittori in italiano, essendo tale consonante affatto inutile per far sentire il suono della parola stessa.

Successivamente ristampando i Proverbii e Modi di dire proverbiali in dialetto, ho giudicato inutile il ricopiare i varii modelli di lettere stampati nella prima edizione, conservando solo la risposta del Pipino ad una lettera, che volli pure riprodurre come origine di quella, insieme con altra dell’infelice prof Tenivelli.

Intanto ora io faccio voto perchè si intraprenda una edizione