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Religione, e non esservene di quelli che si rifiutano alle verità matematiche; se il fatto fosse vero, io ne avrei in pronto una ragione nell’interesse, che hanno i libertini di combattere la Religione, senza dubbio maggiore di quello, che possa avere qualche cattivo filosofo nel combattere le matematiche; ma l’asserzione è una mera falsità. Fino dall’origine dell’analisi infinitesimale i Nieuventyt, i Rolle, i Volderi esercitarono la pazienza di un Leibnitz e dei Bernoulli, ed anche a dì nostri alcuni pure si trovano, i quali si offendono dell’impero che sui movimenti celesti tiene dopo Newton quella gran legge, che è universale e semplice come la natura, ed anche qualch’altro, che rigetta i luminosi principii posti dal sommo Geometra di Torino al suo calcolo delle funzioni.

Di tutto il fin qui detto la conseguenza per te consolante, o mio diletto Uranio, è che lo studio delle matematiche considerato in se stesso non può essere pericoloso alla Fede per chi conserva l’ingenuità de’ costumi, e la docilità dell’intelletto. Ma se innocenti sono le matematiche, tali non sono tutti quelli che le professano, e le scrivono. Talvolta l’ape ed il serpe suggono lo stesso umore, ma con diversa sorte; chè lo stesso alimento si fa mele nell’una, e tossico nell’altro.