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diò la Città, ma avendo saputo, che Lucio era andato in Roma, lasciò egli al riferir di Dione1 Quinto Salvidieno Rufo per espugnare Sentino, ed egli marciò verso Roma. C. Furnio, che presedeva a tale Città, essendosi discostato lungi da essa per perseguitarlo, all’improvviso Salvidieno dando un’assalto alla Città, la prese, la saccheggiò, e le diede fuoco. Così perì Sentino, che fu fondata da’ Siculi, come sarò per dire, e che nella Storia era celebre per la battaglia succeduta alcuni secoli prima innanzi alle sue mura tra’ Galli, e Romani, e che in appresso riferirò. Fu riedificata da Ottaviano, come si raccoglie dalle seguenti parole di Igino. Divus Augustus in assignata orbi terarum pace exercitus, qui sub Antonio, aut Lepido militaverant, pariter et suorum legionum milites colonasFonte/commento: Pagina:Piceno Annonario ossia Gallia Senonia illustrata Antonio Brandimarte 1825.djvu/219 fecit, alios in Italia, alias in provinciis. Quibisdam deletis hostium civitatibus urbes novas constituit, quosdam in veteribus oppidis deduxit, et colonos nominavit. Illas quoque urbes, quæ deductæ a regibus, aut dictatoribus fuerant, dato iterum coloniæ nomine, numero civium ampliavit, quosdam et finibus. Dione poi ci avverte, che Ottaviano dopo la Vittoria di Azzio per premiare il valore de’ suoi soldati fece molte deduzioni per le Città d’Italia, e per far ciò spogliò della lor possidenza i soldati di Antonio. Ecco dunque, che Sentino divenne poscia Colonia Augusta, nome, che davasi a tutte quelle, che furono dedotte da Ottaviano, e che il di lei territorio fu diviso per legge de’ Triumviri. Ma passo a riportare le lapidi. Sono state queste disperse quà, e là, ed alcune rittrovansi in Sassoferrato, altre ci sono state conservate dagli Scrittori, molte rimangono sotto terra, e molte altre sono state infrante, e collocate in luoghi, in cui dovevan perire. Comincerò da quelle, che ci ricordano gli Dei venerati dagli antichi Sentinati. Il Nintoma nella sua quarta lettera2 riporta la seguente, che rimane nel Monastero di S. Croce di Sassoferrato.



  1. Lib. 48 pag. 364
  2. Pag. 6.