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ve credere, dice egli, che tutte le Città, e le Colonie siano state devastate da’ Goti, o da’ Longobardi. Furono distrutte quelle soltanto, che rimanevano nelle vie consolari, dalle quali è lontana Matelica. Siccome questa sfuggì la loro barbarie, così di deve credere, che la sfuggissero Attidio, e le Città vicine, che eran lontane dalla strada militare, e che cadde quando fu roversciata Matelica. Il Colucci riprende giustamente il Turchi, e dice, che il Compagnoni non parla di Berengario II, nè dell’anno 946, ma di Berengario I., e dell’anno 896, e pensa, che in quest’anno furono distrutte Matelica, ed Attidio. Parlano però ambedue senza fondamento, e furono ingannati dal Compagnoni. Luitprando nel Capitolo ottavo non dice, che Berengario distrusse Matelica, ma che Vidone non potendo sostenere l’impeto del Re Arnolfo fuggì in Camerino, e Spoleto, che questi l’inseguì debellando tutte quelle Città, e Castelli, che gli facevano resistenza: urbes, et castella omnia sibi resistentia debellans. Nel capitolo seguente poi dice che Arnolfo essendo andato in Camerino, in cui rimaneva la moglie di Vidone l’assediò. Penso però, che gli amanuensi abbiano mutata in Luitprando la parola Firmum in quella di Camerinum, perchè ecco le di lui espressioni, profectusque Camerinum, castrum VOCABVLO, et natura Firmum, in quo Widonis, uxor erat, obsedit. Wido autem in incertis latuit locis. Praefatum igitur Castrum NOMINE, et natura Firmum vallo circumdatur. Il termine di Castrum Firmum può competere a Camerino, ma non gli può competere Castrum vocabulo, et nomine Firmum, e chiaramente si vede, che egli parla di Fermo, alludendo alle parole di Plinio, che dice: Castellum Firmanorum, et super id colonia Piceni nobilissima intus. In Fermo rimaneva una rocca inespugnabile: eminet, dice il Fazio1, rupes quaedam tantae altitudinis.... quae muro cincta crebris turribus impositis Arcem inexpugnabilem fecerat. Possibile, che Luitprando voleva farsi


  1. Rer. gest. Alphons. 1. Reg. Neap. l. 78. p. 25.