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numina, non nomina 333

di essere esausto, di non poter più accostarmi a quelle reliquie con attenzione degna. Vinse un sentimento di ossequio. La prima delle due carte era di affari, molto importante, tale da poter influire profondamente sulla mia vita. Ora non è il momento di parlarne. L’altra era un foglietto aperto, con questa intestazione di pugno della povera mamma:

“Parole scritte da lui per mia preghiera, un giorno felice.

“Jeanne, sono brevi, ma io non le posso trascrivere. Forse lo potrò un giorno; nello stato presente dell’animo mio, tenebroso e tempestoso, non ne son degno. Non voglio dare la mia mano alla parola religiosa di mio padre e sentire che non posso darle impero nella mia mente. Il “giorno felice” era il 15 ottobre 1859. Le anime di mio padre e di mia madre si erano ricongiunte nella stessa fede, in un atto sincero di culto, nel giorno di S. Teresa, onomastico della povera nonna Rigey. Mio padre si sentiva meglio, speranze fallaci rinascevano in lui e intorno a lui; le sue parole sono soavissime e vi ho parte anch’io che stavo per nascere.

“Quando il foglio mi cadde di mano e io mi volsi per un istintivo moto alla finestra aperta, a guardar le cose stesse che avevano guardato mio