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con gli artigli 217

«Chi è?» diss’egli, prima di aprire. «La Polizia!» si rispose. «Aprite subito!»

«A quest’ora non apro a chi non vedo.»

Si udì un breve dialogo nella strada. La voce di prima disse: «parli lei» e la voce che parlò poi era ben conosciuta da Franco.

«Apra, signor Maironi.»

Era la voce del Ricevitore. Franco aperse. Entrò un signore vestito di nero, in occhiali; dopo di lui, il bestione; dopo il bestione un gendarme con una lanterna, poi tre altri gendarmi armati, due semplici e un graduato che portava un gran sacco di cuoio. Qualcuno rimase fuori.

«Lei è il signor Maironi?» disse quel dagli occhiali, un aggiunto della Polizia di Milano. «Venga di sopra con me.» E tutta la compagnia si avviò sulle scale con uno strepito di passi pesanti, di ferramenta soldatesche.

Non erano ancora al primo piano che la scala si illuminò in alto, singhiozzi e gemiti scoppiarono al secondo piano.

«Questa è Sua moglie?» chiese l’aggiunto.

«Crede?» rispose Franco, ironico. Il Ricevitore mormorò: «sarà la domestica.» L’aggiunto si voltò a dare un ordine; due gendarmi si fecero avanti, salirono in fretta al secondo piano. Il poliziotto domandò a Franco, più aspramente di prima: «Sua moglie è a letto?».

«Naturalmente.»

«Dove? Bisogna che si alzi!»