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162 parte ii - capitolo ii

cipio di settembre e trovando nel secondo ripiano del giardinetto sei piante di granturco, si permise dire al custode: «sent on poo: quii ses gamb de carlon, podarisset propri minga fann a men?»

I poeti non conservatori Franco e Luisa avevano trasformata, col loro soffio, la faccia delle cose. La poesia di Franco era più ardita, fervida e appassionata, la poesia di Luisa era più prudente; così i sentimenti di Franco gli fiammeggiavano sempre dagli occhi, dal viso, dalla parola e quelli di Luisa non davano quasi mai fiamme ma solo coloravano il fondo del suo sguardo penetrante e della sua voce morbida. Franco non era conservatore che in religione e in arte; per le mura domestiche era un radicale ardente, immaginava sempre trasformazioni di pareti, di soffitti, di pavimenti, di arredi. Luisa incominciava con ammirar il suo genio, ma poichè i denari venivan quasi tutti dallo zio e non ci era larghezza per imprese fantastiche, piano piano, un po’ per volta, lo persuadeva di lasciar a posto le pareti, i soffitti e anche i pavimenti, di studiar come si sarebbero potuti disporre meglio gli arredi senza trasformarli. E gli suggeriva delle idee senz'averne l’aria, facendogli credere che le venivan da lui, perchè alla paternità delle idee Franco ci teneva molto e Luisa era invece del tutto indifferente a questa maternità. Così, tra l’uno e l’altra, disposero la sala per la conversazione, la lettura e la musica, la loggia per il giuoco, la terrazza per il caffè e per le contemplazioni poetiche. Di quella