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la vecchia signora di marmo 137

zio, senza commuoversi questa tempesta. Poi cominciò a difendersene chiedendo la lettera: «dà qua, dà quà, dà qua.» E pensava: «cosa diavolo avrà scritto questa benedetta donna?» Franco prese il lume e la lettera, gliela porse. La nonna non aveva scritto niente, neppure una sillaba; aveva semplicemente rimandata la lettera dell’ingegnere e il biglietto di Franco. Lo zio ci mise un pezzo a capirla: non capiva mai le cose prontamente e questa era per lui tanto inconcepibile! Quando l’ebbe capita non potè a meno di dire: «già, l’è un po’ grossa.» Ma poi, veduto Franco tanto fuori di sè, esclamò col vocione solenne che usava per giudicar toto corde le cose umane: «Senti. L’è, dirò così» (e cercava la parola in un suo particolar modo, gonfiando le gote e mettendo una specie di rantolo) «.... una iniquità; ma tutte queste meraviglie che fai tu, io non le faccio per niente affatto. Tutti i torti, caro, non sono dalla parte sua; e allora? Del resto, me ne rincresce per voialtri che mangerete di magro e dovrete vivere in questo miserabile paese; ma per me? Per me ci guadagno e son pronto, dirò così, a ringraziare tua nonna. Vedi bene, io non ho fatto famiglia, ho sempre contato su questa. Adesso la mia povera sorella è morta; se la nonna vi apriva le braccia io restavo come un torso di cavolo. Dunque!»