Pagina:Petruccelli Della Gattina - Le notti degli emigrati a Londra, Milano, Treves, 1872.djvu/92

d’un attentato che mi addolorò, quantunque lo trovassi salutare: un ussaro misurò a Görgey, per di dietro, un colpo di sciabola alla testa — per liberare il paese ch’egli tradiva. Noi credemmo assicurata la vittoria. Da un punto all’altro, dinanzi agli Austriaci dispersi e Francesco Giuseppe che fuggiva, apparve la riserva russa, che smascherò cinquanta pezzi posti in batteria. Era la tela del destino, che si alzava per mostrarci la voragine nella quale la patria doveva perdersi. La notte, che scese, mise fine alla pugna, e coprì la nostra disfatta.

Görgey inviò al Governo un dispaccio ribelle, che provocò la sua dimissione; ma si commise il fallo di lasciargli il portafogli della guerra. Kossuth si faceva ancora illusione, o voleva ancora, a forza di magnanimità, ritardare il tradimento di quell’infame. L’esercito, commosso dai commentarii insolenti del colonnello Bayer, capo dello stato-maggior generale, si mostrò scontento della destituzione di Görgey. Un Consiglio di guerra nominò due delegati, Klapka e Nagy-Sandor, per andar a pregare Kossuth di levare a Görgey, piuttosto il portafogli della guerra, che il comando in capo. Io pregai Nagy-Sandor di condurmi seco a Pesth. Sentivo che, se fossi restato presso Görgey, l’avrei ucciso.

Partimmo. Il 5 luglio, i delegati furono ammessi dinanzi al Consiglio dei ministri, e la loro domanda fu accordata; ma il Consiglio insistette sulla pronta partenza dell’esercito dell’alto Danubio per andare a concentrarsi colle truppe che dovevano operare sulla Tisza. L’accecamento era incurabile: Dio, che voleva perderci, colpiva di demenza il Governo e l’esercito! Più Görgey s’inoltrava nella via del