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I battaglioni siculi marciarono in avanti, ed entrammo nella città. La notte, gli Austro-Russi fuggirono. Bem m’abbracciò, e mi nominò maggiore.

Bem proclamò l’amnistia, e m’inviò alla Dieta a portar l’annunzio che la Transilvania era ormai libera. Bem la spazzò due giorni dopo.

Io partii: Amelia e i suoi dieci domestici mi accompagnarono. Il mio cuore ridondava di gioia. Il destino mi carezzava; Bem e Petöfy erano miei amici; Amelia era libera e mi amava.

Essere l’amico di Bem!...

Voi vi sarete già disegnati nella vostra mente questa figura.

Egli era uno scienziato, specialmente in geologia ed in mineralogia. Era stato l’anima della insurrezione di Vienna, ed era uscito dalla città dopo lo scacco, nascosto in un carro di fieno, sfuggendo così alla sorte di Roberto Blum. I suoi compatriotti gli contesero a Pesth il comando della legione polacca, ed un giovine del suo paese tentò perfino di assassinarlo, tirandogli un colpo di pistola, che lo ferì al viso.

Bem era piccolo, ma ben costrutto, agile come un camoscio, elastico come la tigre. Il pensiero, il genio alloggiavano nella sua enorme testa, come un Dio in un tempio. Nulla di misterioso, d’oscuro, di traditore, di basso, di falso, nei suoi tratti: si leggeva nella sua anima a libro aperto; tutto vi era vasto e luminoso. La sua barba bianca ondeggiava a capriccio dell’aria, come una di quelle vele latine, che issano le barche nel Mediterraneo, molcite dall’immenso azzurro. Il suo cranio accidentato era calvo; le tempie avevano conservato delle lunghe