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Napoli nella settimana. Egli aveva letto nei giornali che la Linda di Chamounix era uno dei più belli spartiti di Donizetti. Si rappresentava appunto allora al San Carlo; egli quindi si era fermato nella rada alcuni giorni per udirlo. Figuratevi il dolore del maestro Donizetti! La Frezzolini era ammalata e l’opera era stata ritirata dalla scena. Malanno! dissi io, gli è proprio un peccato? La Linda è un gioiello del gran maestro ed è l’opera che io canto meglio fra le sue. Il maestro Coralto non aprì bocca in tutta la sera e cantammo la Linda da un capo all’altro. Al domani all’alba egli era partito per Napoli. A undici ore ritornò, seguito da uno sconosciuto — un grande e bell’uomo, con un gran naso e dei grossi mustacchi neri. — Il discorso cadde sul disappunto del povero Donizetti. Linda era ancora sul cembalo. Non so come ciò avvenisse: vi sono delle attrazioni invincibili. Un quarto dopo ci trovammo al cembalo a suonare la Linda che io cantai dalla prima all’ultima nota. Quando fu finito, lo sconosciuto mi saltò al collo come un pazzo e mi abbracciò coll’entusiasmo d’una forza di mille cavalli. E mi disse il suo nome. Era Donizetti in persona. Fui scritturata per cantare la Linda, due sere dopo, in luogo della Frezzolini.... Voi sapete il resto.

— No, disse Bruto.

— Ebbene, il marchese interpellò un sergente che gli sedeva vicino e gli chiese perchè non applaudisse come gli altri. E’ non aveva osservato forse che gli mancava una mano. La questione si riscalda; escono; il sergente via; il