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cangiare la sua antica costituzione, egli preferiva l’inglese. Ed in effetti re Ferdinando I la sanzionava, essendo ciò secondo le sue intenzioni. L’articolo 17 di detta Costituzione proclamava il regno di Sicilia indipendente da quello di Napoli. Nel discorso della corona del 18 luglio 1814 promettevasi alla Sicilia l’esistenza sua propria e l’indipendenza politica, sacro diritto di cui doveva essere orgogliosa. Infine l’ambiguo articolo 104 del congresso di Vienna riconosceva Ferdinando re del regno delle Due Sicilie. Con questi ed altri documenti, la rivoluzione compiuta, i siciliani domandarono: libertà di reggimento restituito con la costituzione del 1812, adattata ai tempi: indipendenza da Napoli. Il ministero rifiutò da prima, dichiarando con tali concessioni offendersi il principio diplomaticamente riconosciuto dell’unità del regno. Lord Minto s’interpose: e dopo lungo discutere, dopo uno o due viaggi in Sicilia, dopo caloroso perorare presso il re, furono consenzienti: un parlamento separato, un ministero ed un Consiglio di Stato distinti, i pubblici uffici ed i beneficii ecclesiastici ai siciliani esclusivamente, e vicerè o un principe reale o un cittadino dell’isola stessa. Lord Minto apportò in Sicilia quest’ultimatum. Ma i suoi consigli al siculo parlamento furono essi sinceri? Noi lo crediamo, benchè disoneste dicerie fossero messe in voga ed accreditate dal governo napolitano, quando l’Inghilterra prese la parola per quel popolo oppresso e ne riconobbe l’indipendenza di fatto. Lord Minto però ritornò di Palermo e riferì che due questioni restavano ancora ad appianare: la composizione del parlamento misto per gl’interessi comuni, e l’organizzazione dell’armata. Sulla prima difficoltà non fu difficile la conciliazione: