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Domani, quando le nuove elezioni avranno impresso un movimento regolare a questo agitarsi, aperta o indicata la via che ha uscita e mette capo ad un fine, tutto si arranga, tutto si assetta e l’ordine ricomincia, e con l’ordine viene la forza, l’autorità, la fede. Sciogliere la Camera attuale è una necessità: l’armonia fra i suoi membri è rotta. Fra le sue parti non vi sono più punti di contatto: tutti son punti ed angoli. Ciò però non altera punto la maestà del Parlamento. — I suoi membri variano, il suo spirito resta. Possono avversare lo scioglimento taluni, che temono non più ritornare. Coloro che hanno la coscienza ferma, coloro che sentono di rappresentare il paese, non sè stessi ed i loro fini, costoro anelano anzi di trovarsi in contatto con i loro mandanti. Essi vanno a ricevere una parola d’ordine che loro servirà di bussola.

La missione del Parlamento non è tanto legislativa ed amministrativa. Al punto in cui si trova l’Italia, essa è affatto politica, è sovranamente nazionale. Il Parlamento è il simbolo visibile dell’unità d’Italia, parlando, agendo così. Il resto è secondario. Questa espressione esso ha in Europa: questo scopo esso debbo avere per l’Italia. La missione legislativa verrà poi — quando non vi saranno più in Europa increduli che l’Italia sia. Il Parlamento italiano sarà forse un giorno chiamato a prove più ardue ancora di fede, di forza, di audacia, di patriotismo. Che gl’Italiani ricordino, ciò quando verranno a mettere i loro bullettini nell’urna — alle prossime elezioni. Io non voglio