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cardiano 1016 sia qualche cosa di diverso dal detto Anonimo, sapendosi che il Fanfanl, prima di pubblicarlo intero nella collezione di Opere inedite e rare ne dette un saggio nell’Etruria.1

Ma l’importanza di questi tre lavori consiste principalmente in quel che arrecano di nuovo alla determinazione del metodo da seguirsi per giungere a stabilire un testo della Commedia che si avvicini quanto si può all’originale.

Che si debba lavorare sui codici, non è dubbio; ma essendo essi oltre cinquecento, e in questi confuse le tradizioni, è da cercarsi come con più sicurezza e meno fatica si arrivi all’intento. Il metodo del Täuber posa idealmente su buon fondamento: risalire ai capostipiti; ma il mezzo è fallacissimo: eliminare ciascuno dei codici che abbia varianti ignote a tutti o quasi tutti gli altri. «Ognuno di questi codici (egli scrive) che sia copiato da un manoscritto qualunque, dallo stesso autografo di Dante, va senza successore», e non può quindi chiamarsi capostipite e tenersene conto per la costituzione definitiva del testo. - Che non abbia avuto successori, può darsi, sebbene ad affermarlo occorrerebbe che nessun codice fosse andato smarrito; ma perde forse il suo valore una copia dell’autografo se non è alla sua volta trascritta e ritrascritta? Dipende dunque la bontà d’un codice dalla sua fortuna anzi che dalla sua derivazione? E non è pieno di pericoli condannare per una variante tutto un codice quando nel resto può rappresentare un’autorevolissima

  1. Lo spoglio degli antichi commenti per la critica del testo dantesco sarebbe senza dubbio utilissimo; ma per alcuni di essi, e segnatamente per il Laneo e per l’Ottimo, converrebbe far prima una buona edizione.