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l’uomo giusto di barga 319

scoperto, pigliandosi su guazza e brina e pioggia e tempesta. Mangiavano dove e quando e quel che potevano. E cantavano e cantavano... E andavano all’assalto e morivano allegramente. A vederli nelle file, guarda! lì era il vecchione dalla barba bianca già nonno, vicino a un giovanetto senza un pelo sul viso, cui forse la mamma aveva cercato per casa con una vetta in mano! Ne era capo un uomo che in gioventù aveva preso al laccio i cavalli selvaggi, ma ora a stento poteva alzare una mano... Ma se l’alzava!... I battaglioni fuggenti si riordinavano sotto il fuoco, si lanciavano ruggendo ad arma bianca, i cannoni tonavano quasi fossero la sua voce. Come a Bezzecca.

Salvo, io pensava, era del nono reggimento, uno di quelli appunto che a Bezzecca combatterono e vinsero l’ultima battaglia. Fu il 21 di luglio. Garibaldi il 24 era poco discosto da Trento; Medici era a Borgo il 22; le bande Cadorine già davano la mano a Medici... Il Trentino era nostro... Ho detto era, badate; non, è. Io rispetto la storia e la... diplomazia. Era dunque. Ancora un giorno, due giorni; e i rossi cacciatori di Garibaldi da una parte e i bruni bersaglieri di Medici dall’altra, di corsa, si sarebbero incontrati a Trento... Chi sa? Si sarebbero incontrati, mescolati, confusi, i giovani bruni e rossi, nel luogo (io amo pensarlo!) dove ora sorge il monumento al Poeta sacro! Ma l’incontro che già nel sessanta era avvenuto, non si ripetè nel sessantasei. Garibaldi il 25 rispondeva: obbedisco; e sgombrava il Trentino che era nostro. Là ora è Dante che grida, accennando con l’eterna mano: Suso in Italia bella... in Italia! Diciamo, dunque, del Trentino, rispettando