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l’eroe italico 217

gono pronte a combattere della somma delle cose, della vita o della morte. Ora, sarà fatale, non nego, che una nazione sorta dalla cospirazione di idealità politiche varie e diverse non si sia ancora acquetata alla forma di governo che è risultata; sarà fatale; ma allora è anche fatale, che ella non possa, come può la Svizzera che tuttavia parla quattro lingue, armarsi e difendersi con poca spesa. Ed è giusto che tra quelli che non vogliono “la nazione armata„, si annoverino anche quelli che più dicono di volerla.

Ebbene, o giovani, contro questa fatalità ci è un rimedio. Finchè i partiti non cessino di essere, contro la ragione e la scienza, assoluti e antitetici, non entrate in partiti. Conservate alla patria e all’umanità illuminato il vostro giudizio e spassionato il vostro cuore. Non date l’anima vostra a tenere ad altri. Siate liberi!„



XI.


E io ti chiedo perdono, o morto eroe, di farmi interprete di ciò che mi pare il tuo pensiero, sfrondato, per così dire, di quel rigoglio di parole cui fece germinare il calore dell’azione. Io non ho accettato di parlare di te, se non costretto; e non ho parlato per metterti indosso un paludamento di frasi: a te basta la tua camicia rossa. Ho detto ciò che m’è sembrato dovere.

Io sento fierissimo dentro me il contrasto delle due anime; e ho chiesto a te l’ispirazione per trovar pace nel cuore e unità nel pensiero. E tu mi hai addittato — anche tu lasciasti, come Napoleone (quanto simile e diverso!) un aquilotto: un figlio morto gio-