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196 pensieri e discorsi

trova lavoro come marinaio o facchino nel porto. È il grande straniero, che Lincoln voleva a capo dell’esercito dell’Unione contro gli schiavisti. È il condottiere atteso in vano, a lungo, dai suoi dispersi nelle praterie dell’agro Romano; e un’alba del mesto ottobre, in mezzo alla nebbia, vestito d’una maglia di lana greggia, come un vecchio pastore, egli si mostra. Un urlo immenso e poi silenzio improvviso. Si sente per l’aria il rombo d’ali degli avvoltoi romulei. Egli stende il braccio, e con la sua voce soave, soave come di donna, manda su quelle mille teste una sola parola: a Roma! Ed è, ahimè, il condottiere che ritorna, nella sera di Mentana:

Il Dittatore, solo, a la lugubre
schiera d’avanti, ravvolto e tacito,
cavalcava: la terra e il cielo
4squallidi, plumbei, freddi intorno.

Del suo cavallo la pesta udivasi
guazzar nel fango: dietro s’udivano
passi in cadenza, ed i sospiri
8de’ petti eroici nella notte.

O aedo degno dell’eroe, Giosuè Carducci!

È l’eroe che marciando verso la battaglia, si ferma a sentire il canto d’un usignuolo. È l’eroe che sa il cammino delle stelle, e muove le sue schiere notturne, con gli occhi al cielo. È l’eroe che scrive: Obbedisco; che rampogna: Dove andate? il nemico non è qui; che ammonisce: Che dite, Bixio? qui si muore!; che “pallido, rauco, cupo, invecchiato di venti anni, ulula: Sedetevi e vincerete!„

A tutti egli è presente e caro per alcunchè di intimo e personale. Per tutti è colui che ci redense