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120 pensieri e discorsi

VII.


Esso non è certo finito nel nulla. Ieri comparve nel sonno del suo amico,

simile a lui sì di grandezza e ne’ suoi belli occhi,
sì ne la voce, e vestia tal quali a le membra le vesti.
Stettegli dunque sul capo dicendogli queste parole:
Dormi, e di me sei tu già fatto dimentico, Achille?
Tu mi curavi da vivo, ma tu mi trascuri da morto...

Essere morto non voleva dire non essere. Tra essere morto ed essere vivo c’era bensì differenza:

Oh! ma mi sta più presso: stringendoci un attimo solo
l’uno con l’altro, tra noi ci si goda il lamento di morte!
Detto ch’egli ebbe così, gli si tese con ambe le mani
ma non lo prese; che l’anima sua, qual fumo, sotterra
con uno strido vanì. Sbalzò su attonito Achille...

C’era una differenza! E quale! Il vostro amato morto, la vostra madre, il vostro padre, non li potete abbracciar più, quando sono morti... Non si abbraccia l’aria, il fumo, l’ombra. I morti tornano a noi, ma in sogno soltanto, e da qual delle due porte essi escano, o da quella che è d’avorio, come i denti, o da quella che è di corno, come l’occhio, parlano bensì e si vedono; ma non altro: non si toccano. O infinitamente soavi poeti dell’illusione, quale scopritore di mondi, quale banditore di verità, quale inventore di farmachi può all’uomo fare benefizio che pareggi e compensi quello che voi recaste al figlio che aveva perduto la madre, alla madre che aveva perduto il figlio? Oh! Certo la folgore, con-