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la ginestra 93

crepuscolo, e il ritornare sotto la luna le ombre sparite allo sparire del sole? Non ricordi i gorgheggi dell’usignolo nell’ozio dei campi; e il canto del passero solitario dalla torre: il canto che erra in disparte nella valle, mentre nel borgo è il rombare delle campane e il crepitare dei mortaretti: e il cadenzato gracidìo delle rane, e lo stormire dei cipressi, e i silenzi altissimi dei meriggi, e il cantarellare di donna che sfaccenda nella casa serrata, e la canzone che nella notte del dì di festa muore a poco a poco lontanando per i sentieri, e i tocchi della campana che veniva a farti compagnia nelle notti di veglia e di paura? Ricordi, certo. Ma ora giaci sull’erba, neghittoso e immobile; guardi il mare, la terra e il cielo; e sorridi d’un sorriso amaro.

Vanità anche quest’infinite bellezze.


V.


Non c’è che la morte.

Ed anche la morte non è più la bellissima fanciulla alata che ti apparve in quella scossa d’amore. La donna che sognò Socrate, era ammantata di bianco. Ora tu la dici velata di neri panni, cinta di ombra trista. Ella ti conduce a Ftia zollosa, al porto; ma il porto tu lo dici più spaventoso d’ogni tempesta.

E poi se chi muore può dirsi libero del peso della vita e si ha da considerare avventurato, che ne è di chi resta? di chi rimane senza sè stesso, e si vede portar via

la diletta persona
Con chi passato avrà molti anni insieme,