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CAPITOLO II.


Pellegrino Bossi da Ginevra a Parigi e da Parigi a Roma.


(Periodo francese 1833-1846).


Per la verità storica è necessario rilevare che, se Pellegrino Rossi era rimasto — come affermava lo Cherbuliez — italiano fino alla punta delle unghie nei suoi diecisette anni di residenza a Ginevra, in tutti i suoi atteggiamenti esteriori e di pensiero, egli era rimasto sempre e ugualmente italiano nei sentimenti e negli affetti: la fiamma dell’amor di patria gli aveva riscaldato sempre il petto. Egli si era sempre mantenuto in relazione co’ suoi amici liberali d’Italia, e specialmente coi Romagnoli, come risulta da due documenti esistenti nel Museo del Risorgimento italiano presso il Municipio bolognese, documenti rimasti ignoti ai precedenti biografi di Pellegrino Rossi, e che io per la prima volta pubblico. Dal primo di essi risulta come la polizia del restaurato governo pontificio temesse e vigilasse il Rossi, intimando, fin dal 1815, all’avvocato Casoni, amicissimo di lui, di consegnare tutta la corrispondenza che gli aveva lasciato in un pacco sugellato in presenza di molte persone il professore profugo1. Questo fatto spiega le precauzioni che prendeva il Rossi nel corrispondere poscia col Casoni, assumendo i nomi di Antonio Fratti e di Girolamo Storti2. Il secondo documento, assai più importante, è la minuta del memoriale che il Rossi inviava dalla Svizzera ai suoi amici bolognesi perchè lo mandassero ai Cardinali che stavano, dopo la morte di Leone XII, per

  1. Vedi, fra i documenti, in fine di questo volume, i documenti n. I e II.
  2. Carlo Lozzi, articolo citato.