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nessuno stimava il valore e la sagacia di Radetzcky: con l’entusiasmo, con la fede, tutto era possibile, tutto era facile:

Uniti e concordi
Uccidiam Radetzcky
Cacciamo i Tedeschi
Dall’italo suol1.

Tutto ciò era logico, naturale, esplicabile: era così e non poteva essere altrimenti: e tanto peggio pei dottrinari che, in onta alla logica storica, non lo compresero, empiendo i loro volumi di altrettanto enfatiche quanto vuote e ridicole postume declamazioni!

Per conseguenza dei fatti accennati, dalla caduta del ministero Recchi-Antonelli alla elevazione al potere di Pellegrino Rossi, in quei quattro mesi e mezzo, in quella lotta palese fra il principe e gli alti poteri dello stato da un lato e le popolazioni dall’altro, in quel continuo aggrovigliamento di tenebrose insidie per parte dei gesuiti, dei sanfedisti, della diplomazia e polizia austriaca, ogni più lieve vincolo benevolo che fosse ancora esistito fra sudditi e governo si ruppe. Nelle Marche e nelle Romagne cominciavano ad avvenire, qua e là, omicidii politici: erano i carbonari che, visti i centurioni e i sanfedisti mantenuti negli uffici da loro occupati, non molestati per le passate loro nequizie, cominciavano a vendicarsi per conto loro. A Bologna, la plebe vittoriosa degli Austriaci nel di 8 agosto, iniziava una tirannide che rassomigliava all’anarchia. Dappertutto era cessata l’azione del governo, fiacchissima in passato, ora, per le ragioni accennate, divenuta nulla assolutamente, specialmente dopo che al Mamiani, il quale era pur uomo d’alta mente, di grande energia dotato e che godeva di una immensa popolarità, era succeduto al potere il Conte Eduardo Fabbri, esule del ’31, uomo di indubitabile fede liberale, ma semplice, povero di espedienti, debole e senza autorità.

Tali erano le condizioni dell’ambiente nel quale Pellegrino Rossi verrebbe, fra breve, chiamato a svolgere la sua azione e la sua sapienza di uomo di stato.

  1. Strofetta di una poesia cantata e in gran voga a quei giorni.