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Ad ogni modo la occupazione violenta della città di Ferrara da parte delle milizie austriache, contro la quale protestò, in nome del Papa, il Cardinale Luigi Ciacchi pro-legato di quella provincia, ma contro la quale non protestò il Cardinale Ferretti segretario di stato, che si limitò ad un modestissimo dispaccio, inviato in data 12 agosto al nunzio a Vienna1, in cui, assai

    dispacci è anche riportato da E. Rendu, nel suo volume L’Autriche dans la confédération italienne, histoire de la diplomatie et de la police de la Cour de Vienne dans les États du Pape depuis 1815, d’après des documents nouveaux et des pièces diplomatiques, Paris, E. Dentu, 1859, pag. 159. Cfr. con Correspondence of Foreign Office, 1847.

       Il 24 aprile 1847 il Principe scriveva al Granduca di Toscana: «Gli stati sono impegnati in una lotta, più o meno generale, con la realtà e con 1‘apparenza: la realtà è il radicalismo, l’apparenza è il liberalismo. L’Italia è perseguitata dall’apparenza e dietro ad essa si trova la realtà». In questa lunga lettera il Metternich cerca di spaventare il Granduca e di tenerlo lontano da qualsiasi concessione con gli spettri della repubblica italiana una ed indivisibile. del socialismo, ecc. (vol. VII, pag. 467).

       E in data 15 maggio al Lutzow: «L’Italia ha dormito quindici anni, nel corso dei quali ha agito il Carbonarismo, come un brutto sogno, nei Regni di Napoli e di Piemonte. Noi abbiamo svegliato i dormienti e l’emigrazione è cominciata. Un’Italia rivoluzionaria si è formata a lato all’Italia tranquilla». Preziosa confessione degli effetti prodotti dalla politici! metternichiana! (vol. VII, pag 411).

       E il 18 luglio al Lutzow stesso: «Ciò che avviene ora negli stati della Chiesa è una rivoluzione: la rivoluzione sotto la maschera della riforma». E, spaventatissimo, conclude: «Oggi non posso dirvi altro, mio caro Conte. Forse domani sarà altrimenti, perchè in tutte le congiunture come le presenti, ogni giorno adduce, insieme a nuova luce, nuova pena» (vol. VII, pag. 414).

       E al Conte Appony a Parigi, in data 6 agosto: «La parola Italia è, come io ho detto a lord Palmerston, una parola vuota di senso politico». E lì giù botte da orbo contro la rivoluzione mascherata da liberalismo: e afferma che gl’italiani di liberalismo non capiscono nulla, che non saprebbero servirsi della libertà, che vogliono il socialismo e via di seguito (vol. VII, pag. 416 e seg.).

       E al Conte di Fiquelmont a Milano, in data 9 dicembre: «Raccogliendo le traccie da me seguite da molti anni, io potrei scrivere la storia della congiura, che ha finito per far capo a Pio IX. Lo spettro ha preso corpo nel capo visibile della Chiesa e sarà il suo stesso trionfo che lo ricondurrà nell’antro donde è uscito. Il Papa liberale non è un essere possibile. Un Gregorio VII ha potuto divenire il padrone del mondo. Pio IX non può divenirlo. Egli può distruggere, non può edificare. Ciò che già il Papa liberaleggiando ha distrutto è il proprio potere temporale, ciò che egli non ha il potere di distruggere è il proprio potere spirituale: sarà questo potere che annienterà il male e i suoi perfidi consiglieri» (vol. VII, pag. 438). Quanta penetrazione e quanta antiveggenza!

  1. Riportato dal Farini, op. cit, lib. II, cap. 5. Il quale storico, in quel capitolo e nel successivo, riferisce tutta la corrispondenza interceduta fra la segreteria di stato di Roma e il governo austriaco In quella corrispondenza l’atteggiamento del Cardinale Ferretti è umile e rimesso sempre e in esso il Pontefice non è nominato quasi mai; il che costituirebbe un altro